L'intervento della presidente dell'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Grosseto, Paola Pasqualini

Colgo l'occasione per riprendere una relazione che scrissi proprio al sindaco nel 2021, all'inizio del mio mandato, per vedere se a distanza di 3 anni qualcosa è cambiato. 

La base su cui stiamo lavorando è una carenza cronica di medici e di operatori sanitari, cosa presente a livello nazionale ma particolarmente evidente nel nostro territorio, dove non sembrano esservi attrattive economiche né incentivi professionali. Da questo punto di vista Grosseto rimane il fanalino di coda nell'area vasta, dove Arezzo e Siena sembrano fare da padrone.

L'assenza di un filtro del territorio obbliga il cittadino a recarsi in Pronto soccorso anche per patologie non urgenti, creando in tale sede un sovraffollamento a detrimento delle patologie più gravi e un aumento dei carichi di lavoro degli operatori. Mi risulta che il Pronto soccorso abbia registrato solo nel mese di marzo oltre 6.500 accessi, con una media di 210 e più accessi al giorno, il tutto con gli stessi operatori, e questo perché da una parte permane quello che già segnalavo nel 2021, ovvero una riduzione importante dei posti letto all'interno dell'area critica e dell'area medica in assenza di una risposta sul territorio. Se il presidio ospedaliero deve essere considerato come ospedale per patologie acute, si rende necessario creare un sistema sul territorio che possa accogliere patologie croniche e sociali. Spero che l'apertura delle Cot (Centrali operative territoriali) possa migliorare il rapporto tra ospedale e territorio. D'altra parte, allora come ora, rimane il blocco delle assunzioni e il tetto di spesa alla sanità con investimenti inferiori dell'1,4% rispetto al 2004. Un altro problema è la carenza di aggiornamento informatico e tecnologico. Consideriamo che molti reparti non hanno ancora la cartella clinica elettronica. Il territorio ha un programma ancora diverso. Sarebbe utile invece che ogni professionista potesse accedere in rete ai dati di quel paziente vedendo ricoveri, esami, dati anamnestici, eccetera, attraverso una rete informatica bidirezionale tra ospedale e territorio: rete importantissima di cui medico e paziente si potrebbero giovare tantissimo. 

Questi erano alcuni punti che segnalavo 3 anni fa, ma non vedo al momento grandi differenze da allora a ora. Anzi, ci sono altre riflessioni da fare su alcuni punti della programmazione integrata dell'Area vasta sud est 2023, presentata a febbraio dal direttore generale. Qui si evidenziano programmi, processi, reti e collaborazioni molto interessanti: certamente è dalla condivisione delle conoscenze e delle competenze tra centri Hub (Aous) e spoke che può derivare un miglioramento nell'assistenza dei nostri cittadini, purché però ciò non diventi solo un mero “spostamento” di casi clinici ma piuttosto un arricchimento culturale bidirezionale, in modo che certe metodiche o tecniche possano essere eseguite in un futuro prossimo anche nel nostro ospedale, così che i nostri cittadini possano avere una migliore assistenza nel luogo dove vivono. Non deve essere una replica di interventi chirurgici che già vengono fatti: lo scopo deve essere quello di migliorare le competenze. Sarebbe un arricchimento per la sanità. 

Un altro punto che vorrei sottolineare nel documento di programmazione riguarda i percorsi condivisi per migliorare l'appropriatezza prescrittiva con il fine di ridurre sia la spesa che le liste di attesa. Mi risulta difficile pensare che limitare la possibilità prescrittiva dei medici possa essere un modo per raggiungere questo obiettivo. Il Codice deontologico cita all'articolo 4 che l'attività del medico si basa su principi di libertà, indipendenza e autonomia e si basa (articolo 6) sulle proprie competenze tecniche-professionali aggiornate in base alle conoscenze scientifiche disponibili, pur nell'uso ottimale delle risorse. Chi decide deve avere libertà prescrittiva, senza costringere il cittadino a girare da un ambulatorio all'altro prima di trovare lo “specialista” giusto che può fare la prescrizione giusta. Questo non solo non serve a ridurre le liste di attesa ma allontana sempre di più dalla possibilità di fruire del bene salute da parte del cittadino. Questo problema è stato anche posto all'attenzione a livello dell'Ogct e sarà occasione di prossima discussione. 

Per cui, in sintesi, credo che ancora si continui lavorare a silos e che si valutino i numeri, ma dietro i numeri ci sono persone con il loro bisogno di salute. Allora, in quest'ottica, bisognerebbe abbandonare l'idea di una sanità come costo e considerarla invece come valore e occasione di investimento per il nostro Paese. Andrebbe superato il concetto di performance sanitaria intesa come efficienza ed efficacia, sviluppando il concetto di fruibilità del bene salute da parte del cittadino, dal quale invece sembra che ci stiamo allontanando.