L'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Grosseto, seguendo la linea della Federazione nazionale, è contrario alla semplice abolizione del numero chiuso per l'accesso alla facoltà universitaria di Medicina, senza i necessari correttivi al sistema. 

L'intervento della presidente Paola Pasqualini

L'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Grosseto, seguendo la linea della nostra Federazione nazionale, è contrario alla semplice abolizione del numero chiuso per l'accesso alla facoltà universitaria di Medicina, senza i necessari correttivi al sistema. 

È un tema particolarmente attuale nel nostro Paese. Proviamo a spiegare la nostra posizione. Serve una riforma complessiva del sistema di accesso alla facoltà di Medicina, che concorra a sostenere il Servizio sanitario nazionale attraverso una programmazione adeguata del fabbisogno di specialisti e medici di medicina generale, partendo dai dati dei pensionamenti da qui a 10 anni, tenendo conto che ogni intervento attuato oggi produrrà effetti tra 9-11 anni, quindi nel 2033, quando il mercato del lavoro in ambito medico sarà totalmente cambiato. Dal 2023 al 2032 quasi 109mila camici bianchi lasceranno la professione attiva, mentre negli anni accademici tra il 2018 e il 2027 (dunque con lauree attese tra il 2023 e il 2032) i posti programmati per il corso di laurea in Medicina e chirurgia sono circa 141mila. È evidente che i conti non tornano. Perché dopo la laurea dobbiamo garantire ai medici la formazione specialistica e un’occupazione, altrimenti si rischia di creare disoccupati che non corrispondono alle reali necessità del Servizio sanitario nazionale e che dovranno cercare lavoro all’estero o rimanere inoccupati. Inoltre il problema non è solo la quantità di medici, ma anche la distribuzione e la tipologia di specializzazione. Oggi si tratta di rendere più attrattivo il lavoro nel settore pubblico, particolarmente in alcune specialità come Medicina di emergenza-urgenza.

Occorre modificare i test di ingresso alla facoltà per garantire meccanismi di accesso trasparenti, valorizzando la preparazione degli studenti e orientando la loro formazione: potrebbe essere realizzato attingendo le domande dei test da una banca dati pubblica, con i quesiti formulati anche in collaborazione con la Federazione nazionale, in maniera che i candidati possano prepararsi in modo efficace. Sarebbe importante anche un percorso di orientamento e formazione che parta sin dalle scuole superiori, nei licei con “Biologia a curvatura biomedica” dove ci si avvicina al mondo della medicina con lezioni frontali ed esperienze sul campo già negli ultimi tre anni delle superiori. Un modello in linea con la riforma che sta portando avanti il ministro dell'Università e della ricerca Anna Maria Bernini. La sperimentazione in molti licei italiani sta dando buoni risultati: i ragazzi si preparano su un programma preciso, acquisendo crediti, e possono capire se sono veramente tagliati per la facoltà di Medicina. I numeri lo dimostrano: chi frequenta questi licei supera i test di accesso a Medicina con una percentuale di uno su due, mentre la media nazionale è di uno su sette.

Quindi programmare in maniera adeguata gli accessi al corso di laurea tenendo conto del fabbisogno di medici, eliminare il blocco delle assunzioni del personale sanitario e incrementare gli stipendi mensili (+40-50% per raggiungere il livello medio europeo) è la via migliore per dare una risposta al sistema e non illudere i giovani. Infine occorre preservare la qualità della formazione, che inevitabilmente si abbatterebbe se le università dovessero accogliere un numero di studenti troppo grande. La conclusione? È necessario un intervento urgente su più livelli da parte del Governo, delle aziende sanitarie e delle facoltà di Medicina per garantire che tutti abbiano la possibilità di lavorare e di svolgere il proprio lavoro con professionalità e competenza.