Un anno fa, nell'aprile 2023, moriva la psichiatra Barbara Capovani, aggredita e uccisa da un ex paziente fuori dall'ospedale Santa Chiara di Pisa.  
 

Nel suo ricordo, e in memoria di tutti i medici e gli operatori sanitari vittime di violenza, l'Ordine dedica le riflessioni della presidente Paola Pasqualini

La violenza contro i medici – e più in generale contro il personale sanitario – è un fenomeno grave e complesso, purtroppo attuale. Partiamo dai numeri, particolarmente significativi: in Toscana i numeri sulle aggressioni verso medici e infermieri (presentati nella Commissione sanità del Consiglio regionale) fanno registrare 1.258 casi nel 2022 e i dati del 2023, in corso di elaborazione, sembrano indicare una crescita ulteriore. È un'emergenza. Ne possiamo avere conferma dalle cronache quotidiane. 

Le categorie maggiormente interessate sono quelle dei medici e degli infermieri, mentre la quasi totalità degli episodi di violenza hanno luogo all’interno delle strutture ospedaliere e il rischio di aggressione è superiore nei turni notturni. I fattori scatenanti della violenza possono essere innanzitutto il rifiuto o l’impossibilità di fornire la prestazione richiesta oppure la mancata violazione di un protocollo come la richiesta di indossare la mascherina. È inaccettabile rischiare la propria salute o la propria vita per salvaguardare quella altrui. Ogni tipo di violenza, verbale oltre che fisica, non deve essere tollerata. 

Per far fronte a quella che è diventata una vera e propria emergenza nella sanità pubblica occorre a nostro avviso agire su due strade. Innanzitutto proteggere il personale sanitario con postazioni di Polizia o comunque presidi di sicurezza all'interno delle strutture ospedaliere e nei punti di Pronto soccorso, per evitare di lasciare soli i medici. Ma non basta, serve anche una rivoluzione culturale che restituisca al medico, anche agli occhi dei cittadini, il suo ruolo e la sua dignità professionale. Troppo spesso assistiamo al fenomeno delle denunce ingiuste che possono distruggere, senza fondamento, la carriera e la vita di un professionista. Anche le notizie su presunti casi di malasanità, che si rivelano poi infondate, alimentano un clima di odio e di rabbia nei confronti della categoria. Per questo sosteniamo la depenalizzazione dell’atto medico, come avviene in altri Paesi europei. 

Le aggressioni fisiche o verbali sono anche l’espressione più eclatante di una generale svalutazione delle figure degli operatori sanitari, visti non nel loro ruolo di curanti ma come terminale dei malfunzionamenti o dei ritardi del Servizio sanitario nazionale. O persino come colpevoli della malattia, di una diagnosi o di un esito infausto e ineludibile. Per questo sarebbe utile, nei Pronto soccorso, la presenza di mediatori culturali. Diventa importante anche la capacità del medico a gestire e disinnescare l’aggressività, da acquisire o perfezionare tramite corsi di formazione.