Stiamo vivendo un periodo epocale e particolare della nostra storia e del nostro Paese che coinvolge politica, economia, tutta la società e soprattutto la sanità.
Il problema di base è che si ritiene la sanità pubblica una spesa e non un investimento – questo lo dico da molto tempo – ma sappiamo che dal 2012 è stata avviata una progressiva e inesorabile riduzione dei posti letto, associata al noto definanziamento del Servizio sanitario nazionale: nel 2023 la spesa sanitaria pubblica si è attestata al 6.2% del Pil, rappresentando il valore più basso dal 2007 e pari alla soglia di povertà di un Paese. Tale valore è inferiore alla media Ocse (6,9 %) ed europea (6,8 %). Questo indica la necessità di ulteriori investimenti per allinearsi agli standard europei e garantire un Servizio sanitario pubblico efficiente e sostenibile.
Viceversa, è ancora in essere il tetto di spesa per le assunzioni. Ad esempio il Pronto soccorso, che è uno dei migliori in Toscana, ha una carenza di 45 medici in tutta la provincia. E durante il periodo estivo la nostra popolazione triplica. Va tutelato per tutelare i nostri cittadini. Un'analoga importante carenza di medici è nel servizio di Salute mentale, con 9 psichiatri in meno, e sappiamo che la domanda di salute mentale è in crescita. Questi sono solo due esempi per il presidio ospedaliero. Bisogna che l'azienda non consideri più Grosseto come il fanalino di coda, ma come una priorità rispetto all'assunzione di personale e investimenti.
Purtroppo i medici mancano e mancheranno ancora per almeno 10 anni, e mancano non solo in ospedale ma anche sul territorio. È importante il lavoro che si sta facendo sulle Case di comunità ma speriamo che non rimangano gusci vuoti. il territorio sta soffrendo molto: prendo ad esempio la zona delle Colline metallifere dove ci sono 3.000 pazienti senza medico e il progetto Apo basato sulla disponibilità dei medici di medicina generale a coprire più ore e più pazienti è stato rinnovato in questi giorni solo per 3 ore, cioè molto poco e solo su Follonica. Ma se il territorio non fa filtro ci saranno più accessi in Pronto soccorso! Come vedete è tutto collegato e legato da un unico filo rosso: investire nei professionisti.
Burocratizzazione del nostro lavoro. Faccio un esempio: nel Ddl Semplificazioni delle prestazioni sanitarie è stato ritirato l’emendamento Calandrini-Zullo, che avrebbe aperto a tutti i medici la prescrizione dei farmaci sottoposti a Piano terapeutico, dopo 12 mesi dalla prima volta. Sono quasi due milioni e trecentomila i pazienti che devono assumere un farmaco sottoposto a Piano terapeutico: questi pazienti, che per il 69% hanno oltre 70 anni, devono recarsi una, due, anche tre o persino quattro volte l’anno dallo specialista, solo per rinnovare il Piano terapeutico. Semplificare la prescrizione di questi medicinali, lasciando la prima allo specialista e aprendola poi, dopo 12 mesi, a qualsiasi medico, compreso il medico di medicina generale, significherebbe un risparmio in termini di spostamenti, di tempo, di energie per i pazienti e i caregiver. Ma soprattutto significherebbe liberare 5 milioni di visite specialistiche l’anno. Visite specialistiche da utilizzare per l’attività clinica, anziché per pratiche burocratiche, con un effetto reale e misurabile sull’abbattimento delle liste d’attesa.
La Regione Toscana ha intrapreso un significativo piano di investimenti, 30 milioni di euro nel 2025 per ridurre le liste di attesa investendo nella produttività aggiuntiva e nel privato convenzionato, ma anche questo non basterà. Inseguire le liste di attesa aumentando l'offerta non sarà sufficiente, bisognerà puntare sull'appropriatezza prescrittiva che non è solo scrivere codici di priorità. Esistono anche raccomandazioni sulla corretta prescrivibilità, la cosiddetta scelta consapevole o choosing wisley, adottate anche dalla Regione Toscana. Tradotto, vorrebbe dire che il cittadino si deve fidare del medico su cosa è più giusto o meno prescrivere, senza pensare di essere in un supermercato. Fare di più non sempre significa fare meglio. La violenza contro i medici non è solo un problema di sicurezza, ma un riflesso di tensioni sociali, incomprensioni culturali e mutamenti profondi nel rapporto tra cittadini e istituzioni. La perdita di fiducia, la cultura dell’immediatezza, la scarsa alfabetizzazione sanitaria e la normalizzazione della violenza sono tutti elementi che contribuiscono a rendere l’ambiente sanitario sempre più fragile. È necessario rispondere non solo con misure di protezione, e in questo plaudo all'interesse mostrato da Sua Eccellenza la Prefetta nel cercare di affrontare insieme questo problema, ma condivido il pensiero che la violenza sugli operatori sanitari sia un problema culturale – lo sostengo da sempre – e sia quindi necessario un impegno educativo in senso civico che coinvolga scuole, media, istituzioni e cittadini.
Restituire dignità e valore al ruolo del medico significa investire non solo nella qualità dei rapporti umani ma nel futuro stesso della sanità.